lunedì 20 ottobre 2008

San Salvi / 21

“San salvi in festa” dice la locandina in bianco e nero, e un sabato pomeriggio andiamo a curiosare, chi per la prima volta “tra le mura dello storico ex ospedale psichiatrico”, chi pronto a fotografare con grandi obiettivi e zoom, chi, come me, qui è di casa e vuol vedere un’altra città, in orari che non siano di ufficio.

Le foglie arancioni sopravvivono, alcune sugli alberi, molte in terra, e ci accolgono con  palloncini colorati e poca gente che chiacchiera sorridente.

All’ingresso della residenza sanitaria, su un tavolino, rimangono ancora i librettini di poesie della signora Angela. Oggi è aperto il centro La Tinaia e nelle stanze del laboratorio artistico un uomo alto fuma, ci guarda, sorride: è lui l’autore di alcuni quadri. Un altro sta piegato sul foglio e continua indifferente il suo lavoro. Le esposizioni di arte brut di questo centro girano dal 1975 in Italia e all’estero. Qualcuno chiede se si possono comprare quadri o sculture. Sì, ma solo se non girano troppi soldi. Alcuni artisti (del servizio di salute mentale del quartiere e della città) valgono migliaia di euro e diventa complicato acquistare.

Saliamo le scale seguendo una mostra fotografica. Su al primo piano, dove troviamo dolci, pizzette e bibite, i corridoi, lunghissimi, sono seminudi, i cartelli colorati sulle porte indicano il nome dell’ospite del miniappartamento. Sbirciamo dentro e anche le stanze sembrano spoglie, intravediamo le coperte a righe bianche e celesti da ospedale.

Scendiamo di nuovo giù. Alcune ragazze giovani passano il sabato pomeriggio tra i pazienti. Un bell’infermiere, in camice bianco e zoccoli celesti, fuma in giardino. Un malato s’arrabbia: “niente foto, niente foto! Non ho gli occhiali, vengo male”, mentre i più ci intimano: “una foto sola” (ma noi non la pubblichiamo, non possiamo chiedere se vogliono apparire in un blog). La poetessa si mette in posa e fa un gesto stile ballerina, con l’indice all’insù e la gamba piegata. Un'altra ospite è mezza sdraiata su una poltrona, tutta seria, non fa che grattarsi. “Bella festa, eh?” fa uno “che posto meraviglioso, è un bello stare, qui, eh? ma poi, che festa!” C’è il cinema al piano di sotto, il proiezionista annuncia i cortometraggi e i malati guardano e tacciono sulla loro sedia: una coccola una bambolina, uno è completamente piegato in avanti e non si sa se può vedere. La musica di sottofondo del cartone animato ci mette tristezza, e pensiamo a chi ha passato tutta la vita qui e non ha altre vite da giocarsi. Suor Cecilia, dentro da decenni, ancora sorride. Un uomo alto abbraccia un’infermiera. Due musicisti, in un grande stanzone vuoto, non si arrendono alla mancanza di pubblico e suonano canzoni moderne e ritmate. Piano piano la gente arriva e comincia a ballare.

Usciamo. Un signore fuori continua a girare in bici. Durante la settimana non si vede mai, ma il sabato, evidentemente, si scatena: decine di giri sui viali alberati. Continuiamo la nostra esplorazione lungo tutto l’anello dei viali di San Salvi e scattiamo qualche immagine prima che la città dentro la città si trasformi per sempre. Comincia a far buio, in lontananza si sentono rumoreggiare i tifosi della Viola. In quest’altro mondo, nell’ospedale, la festa continua.

1 commento:

Stranistranieri ha detto...

Qualche pennellata di tristezza negli androni percorsi da abitanti inquieti.C'ero anch'io e avrei voluto iscrivermi al laboratorio di pittura. Bisogna essere certificati, mi ha risposto qualcuno. Già, è vero, mi era sfuggito. Tele riempite di figure giganti, colori cupi colpiti dal rosso, dal giallo, bocche spalancate e capelli dritti. Sarei voluta uscire con uno di quei quadri sotto il braccio e poi attaccarlo nel mio salotto buono. Non si vendono per adesso. Formalità burocratiche da sistemare.