lunedì 29 settembre 2008

San Salvi / 20

Sabato scorso, alla fine, qualcuno ha parlato di "stanze della memoria". Non proprio di "museo", come vado scrivendo io ai miei cinque lettori da mesi, ma è già qualcosa. (E' probabilissimo che non sia stato il primo, ma è davvero raro che se ne senta parlare). Lo ha scritto l'assessore Biagi del comune di Firenze in un articolo qui sopra riprodotto. (Per vedere meglio cliccate sull'immagine).
Comunque: queste righe mi rincuorano, benché il fatto che lo stesso assessore riponga speranza nella volontà dell'asl non mi rincuora granché.
Ritornerò sulla questione.

venerdì 26 settembre 2008

San Salvi / 19

In San Salvi/15 avevo scritto di una mail inviata a un'apposita casella di posta elettronica della ASL di Firenze. Chiedevo notizie sui progetti per San Salvi: archivio dell'ex-manicomio e eventuale museo. Tre mesi fa la mail. Non hanno risposto. Maleducati! D'altronde non sento neanche mai parlare di una cosa del genere. Non se ne fa cenno neanche nell'ultimo di tanti articoli che periodicamente vengono pubblicati sulle cronache locali dei quotidiani (La Nazione di ieri, 25 settembre)
Siccome periodicamente ho il dubbio di avere idee sballate (e la quasi totalità dei lettori del blog concorda) ho fatto un giro su internet per vedere che cosa fanno in altre città. E qualcosa hanno fatto. Perché a Firenze no?
Questo è ciò che ho trovato:
Museo del Manicomio San Servolo - Venezia
Museo Laboratorio della mente - Roma (Quartiere Monte Mario)
Colorno - Parma Archivio dell'ex ospedale psichiatrico
e proprio in questi giorni a Colorno...
Inaugurazione del Museo del manicomio a Palermo (dopo l'inaugurazione dev'esser sparito dalla circolazione perché non ne trovo traccia)
Spero che i lettori diano un'occhiata. Forse qualche visitatore capiterà qui e ci racconterà che cosa ha visto. (Come ha fatto per esempio tale Lorenzo Breda sul suo sito dopo aver visitato il museo di Roma http://www.lbreda.com/index.php?p=blog&act=archive&start=1141167600&end=1143842399)
Se poi capiterò a Roma o a Venezia ci farò di sicuro un salto.

sabato 20 settembre 2008

Roddy Doyle - The commitments

Scoppiettano le parole di Roddy Doyle, in The committments come in molti altri romanzi, non ultimi gli altri due che compongono la trilogia di Barrytown (The snapper, The van i titoli originali, la traduzione non è sempre la stessa). Un romanzo fatto perlopiù di dialoghi serrati, con il quale Doyle non solo racconta la storia di un gruppo musicale ma ci diverte mostrando con efficacia e un linguaggio di strada originale e realistico l'Irlanda povera e affascinante degli anni '80.
Vedi - disse Joey The Lips - Il soul è la musica della gente. E' gente qualunque che fa musica per la gente qualunque. E' una musica semplice. Può suonarla chiunque, qualsiasi Fratello. Il suono dei Motown è un suono semplice. Thump-thump-thump-thump. Questo è un tempo facile. Vedi? Il soul è democratico, Jimmy. Basta il coperchio di un bidone per suonare. E' la musica della gente.
Anche chi è bocciato agli esami è capace di suonare il soul, è questo che vuoi dire, Joey?
Proprio così, Fratello Michael. Non ci vuole la laurea per fare il dottore del soul.
E il jazz perché non va bene?
E' musica intellettuale - disse Joey The Lips - Musica antipopolo. Roba astratta.
E' freddo e privo di emozioni, dico bene? - fece Mickah
Dici bene. E' senz'anima. E' suono per amore del suono. Non ha nessun significato. Sono pippe musicali, Fratello
A Berrytown, un quartiere popolare di Dublino, un gruppo di ragazzi decide di fondare un complesso di soul e rythm and blues ispirandosi ai grandi protagonisti del genere, da James Brown a Otis Redding. Sono Jimmy Rabbitte, innanzitutto, manager intraprendente e sempre aggiornato sulle piu' avanzata tendenze musicali; il mitico Joey The Lips, che ha suonato con tutti i grandi del rock e tratta la sua tromba come uno strumento di Dio; Deco, il cantante che geme come il grande Otis; e ancora, Dere Scully al basso, Outspan Foster della chitarra, James Clifford, detto the Soul Surgeon, il Chirurgo dell'Anima, al piano, e Dean Fay al sassofono. Ultime, ma non meno importanti, le tre coriste, piuttosto spiritose e ancor piu' sexy: Imelda, Natalie e Bernie, che ancheggiano con grazia al suono di 'Sex Machine'. Il nome che Jimmy e gli altti scelgono per la band e' "I Commitments", per esprimere il loro impegno in modo radicale, senza mezzi termini. La loro sara' una vicenda di successi e di disastri, di splendide amicizie e di formidabili litigi, di amori del tutto imprevisti e di abbandoni clamorosi. Ma e' soprattutto lo humour - e spesso una comicita' rumorosa, irresistibile - a segnere questo romanzo che e' stato il leggendario esordio di Roddy Doyle. Lo humour, e con lo humour il linguaggio. Lo scrittore irlandese ha raccontato i giovani raccogiendo e reinventando, con risultati strepitosi, il loro parlato. E con 'I Commitments' ha fondato un luogo romanzesco: la verissima e inventatissima Barrytown, teatro dei due romanzi che completano la trilogia: 'Bella famiglia!' e 'Due sulla strada'. (Maremagnum.com)

sabato 13 settembre 2008

San Salvi / 18

Piccola escursione in un altro ex-manicomio.
Pistoia, Ville Sbertoli.
La foto sopra è presa dal sito di Enrico Tomasi, il cui reportage è all'indirizzo:
Ho qui in casa le fotocopie di tre cartelle cliniche "trafugate" da una mia amica nell'ex-manicomio. In realtà non ha dovuto far altro che chinarsi in terra a raccoglierle. Dev'essere un po' trascurato l'archivio! Tutti possono entrare, mi si dice, e prendere quello che vogliono.
B.L. , nato e domiciliato a Forlì, di anni 49, coniugato, maggiore di fanteria. Diagnosi: Frenosi congestiva con paralisi. Ammesso all'ospedale neuropsichiatrico di Pistoia il 15.7.1897, deceduto il 6.8.1897.
V.A., nato a Firenze, di anni 35, domiciliato a Firenze, celibe, professore di scienze naturali. Diagnosi: follia di persecuzione - frenosi sensoria. Ammesso il 15.9.1890, dimesso il 23.5.1891 (guarito).
B.P., nato e domiciliato a Calci (Pisa), di anni 30, coniugato, possidente. Diagnosi: ipocondriasi con idee di persecuzione. Ammesso il 27.4.1884, dimesso il 2.7.1884 (non si dice perché)

domenica 7 settembre 2008

San Salvi / 17

Dal libro "Sul confine. Scritti e dipinti da un ospedale psichiatrico", Vallecchi editore, 1964.

Io conto i giorni e le ore per arrivare alla domenica per vedere la mia figliola: vengo prima un quarto d'ora in sala così prendo i posti per sedere. Quando arriva l'ora e delle volte non viene ci piango come una bambina e non ha colpa perchè è tre mesi che ha la febbre e per ora non si sa con precisione da dove venga. Quando sta meglio viene al parlatorio, io le sto abbracciata tutto il tempo che ci sta: mi fa piacere di vedere tutte le malate che stanno con i suoi parenti e conoscenti. Ora sto con ansia aspettando il parlatorio di domenica, che spero venga a trovarmi e spero che la febbre se ne sia andata.

 

Il parlatorio è un posto libero apposta fatto per venirci le persone a mangiare: domani è venerdì e c'è il parlatorio. Il parlatorio c'è tre volte la settimana, il venerdì, il martedì e la domenica: il parlatorio piace tanto alle persone inferme. Il parlatorio è a volte grande o piccino secondo l'aspetto della persona stessa. Al parlatorio spesso ci portano le paste alla crema cioccolato e panna. Al parlatorio c'è molta gente che fa a volte della confusione di molto esagerata.

 

Io l'ho di rado il parlatorio, verranno, si o no, quattro o cinque volte in un anno. Sui primi tempi che ero ricoverata venivano anche da me quasi tutte le domeniche, ma col tempo hanno principiato ad annoiarsi, si vede, e hanno diradato il parlatorio. Quante cose ci si può dire in un parlatorio! I miei non vengono perché fa freddo e hanno da sbrigare faccende.

 

La mia giornata più bella da quando fo l'inferma è il lunedì quando vado sempre al cinematografo; poi la domenica quando vedo le mie genti venirmi a trovare; poi quando andrò a casa per sempre; dopo alla rinascita di un nuovo secolo quando avrò diciotto anni e non trentacinque anni come ora che ho da compiergli il 4 luglio 1962. Poi quando ero piccina e andavo all'ospizio la mattina, andavo al mare a fare il bagno, vicino alla spiaggia nelle piccole onde più vicine; poi quando tornai casa dopo un mese, andai a comprare una barchettina a vela in una bottega di Viareggio per il mio fratellino Fergus: e arrivata alla stazione presi il treno.

 

... anche in ospedale mi è piaciuto molto passeggiare ma ho paura delle iniezioni e sono stata male per le fissazioni. Ho avuto tanti parlatori, sono stata nelle celle e a dormire anche in terra ma sempre molto fissata, sicchè l'ospedale non mi è piaciuto molto. Qui finisce la storia della mia vita, tra poco andrò via e morirò e non ci sarò più come tutti. Se non c'era la morte quanto mi sarebbe piaciuto vivere non si sa. Invece dopo la storia della nostra vita ci tocca a morire. La vita è un sogno e chi l'ha passata bene li rincresce di morire. Io poco bene, e mi par mill'anni d'esser bell'e morta.

 

Gilberto come stai bene o male? Ti senti felice lontano da tua moglie? Vorrei esserti vicino per prenderti una mano e farti sentire i palpiti del mio cuore. Chissà se quella persona che ti sta accanto, ti aspetta come ti aspetto io: con i palpiti vivi come una colomba che sta vicino alla campana e scappa al suo suono perchè è troppo forte. Vedo ancora il borgo Allegri con tutti quei visi di ragazzi che giocano col pallone e gli uomini a bocce, ti ricordi? E io sempre accanto a te! E' il tramonto, si vede piovigginare piano piano come per chi sogna avere un ombrellone e mettersi in riparo, per essere baciata sopra le gote bagnata dalla pioggia: com'è bello l'amore! Fin da bambina ho amato l'uomo: mi buttavo in ginocchio dopo aver pregato, e mi veniva a baciare, mi rincorreva e mi dava le spinte, mi faceva piangere per baciarmi. Chi legge questo scritto non si faccia cattivo pensiero, perché amore è bello, amore è tutto ciò che la natura emana. 

    

Sono finalmente guarita, mi sento bene veramente, spero di andare a casa presto il giorno non lo so. La mia mente ora è limpida, sgombra, non c'è più nessuna nube che turba, di questo me ne sono resa ben certa. E sono contenta. Desidero andare a casa per stare col mio bambino. L'unica cosa che meriti  veramente tutto di me stessa, il meglio di me stessa. Ora sono stanca di star qua se pure abbia ritrovata la salute, ora mi sento di tornare a casa se Dio mi aiuta, giacché sto bene dovrei andarci presto, io vorrei andarci prestissimo.