domenica 7 settembre 2008

San Salvi / 17

Dal libro "Sul confine. Scritti e dipinti da un ospedale psichiatrico", Vallecchi editore, 1964.

Io conto i giorni e le ore per arrivare alla domenica per vedere la mia figliola: vengo prima un quarto d'ora in sala così prendo i posti per sedere. Quando arriva l'ora e delle volte non viene ci piango come una bambina e non ha colpa perchè è tre mesi che ha la febbre e per ora non si sa con precisione da dove venga. Quando sta meglio viene al parlatorio, io le sto abbracciata tutto il tempo che ci sta: mi fa piacere di vedere tutte le malate che stanno con i suoi parenti e conoscenti. Ora sto con ansia aspettando il parlatorio di domenica, che spero venga a trovarmi e spero che la febbre se ne sia andata.

 

Il parlatorio è un posto libero apposta fatto per venirci le persone a mangiare: domani è venerdì e c'è il parlatorio. Il parlatorio c'è tre volte la settimana, il venerdì, il martedì e la domenica: il parlatorio piace tanto alle persone inferme. Il parlatorio è a volte grande o piccino secondo l'aspetto della persona stessa. Al parlatorio spesso ci portano le paste alla crema cioccolato e panna. Al parlatorio c'è molta gente che fa a volte della confusione di molto esagerata.

 

Io l'ho di rado il parlatorio, verranno, si o no, quattro o cinque volte in un anno. Sui primi tempi che ero ricoverata venivano anche da me quasi tutte le domeniche, ma col tempo hanno principiato ad annoiarsi, si vede, e hanno diradato il parlatorio. Quante cose ci si può dire in un parlatorio! I miei non vengono perché fa freddo e hanno da sbrigare faccende.

 

La mia giornata più bella da quando fo l'inferma è il lunedì quando vado sempre al cinematografo; poi la domenica quando vedo le mie genti venirmi a trovare; poi quando andrò a casa per sempre; dopo alla rinascita di un nuovo secolo quando avrò diciotto anni e non trentacinque anni come ora che ho da compiergli il 4 luglio 1962. Poi quando ero piccina e andavo all'ospizio la mattina, andavo al mare a fare il bagno, vicino alla spiaggia nelle piccole onde più vicine; poi quando tornai casa dopo un mese, andai a comprare una barchettina a vela in una bottega di Viareggio per il mio fratellino Fergus: e arrivata alla stazione presi il treno.

 

... anche in ospedale mi è piaciuto molto passeggiare ma ho paura delle iniezioni e sono stata male per le fissazioni. Ho avuto tanti parlatori, sono stata nelle celle e a dormire anche in terra ma sempre molto fissata, sicchè l'ospedale non mi è piaciuto molto. Qui finisce la storia della mia vita, tra poco andrò via e morirò e non ci sarò più come tutti. Se non c'era la morte quanto mi sarebbe piaciuto vivere non si sa. Invece dopo la storia della nostra vita ci tocca a morire. La vita è un sogno e chi l'ha passata bene li rincresce di morire. Io poco bene, e mi par mill'anni d'esser bell'e morta.

 

Gilberto come stai bene o male? Ti senti felice lontano da tua moglie? Vorrei esserti vicino per prenderti una mano e farti sentire i palpiti del mio cuore. Chissà se quella persona che ti sta accanto, ti aspetta come ti aspetto io: con i palpiti vivi come una colomba che sta vicino alla campana e scappa al suo suono perchè è troppo forte. Vedo ancora il borgo Allegri con tutti quei visi di ragazzi che giocano col pallone e gli uomini a bocce, ti ricordi? E io sempre accanto a te! E' il tramonto, si vede piovigginare piano piano come per chi sogna avere un ombrellone e mettersi in riparo, per essere baciata sopra le gote bagnata dalla pioggia: com'è bello l'amore! Fin da bambina ho amato l'uomo: mi buttavo in ginocchio dopo aver pregato, e mi veniva a baciare, mi rincorreva e mi dava le spinte, mi faceva piangere per baciarmi. Chi legge questo scritto non si faccia cattivo pensiero, perché amore è bello, amore è tutto ciò che la natura emana. 

    

Sono finalmente guarita, mi sento bene veramente, spero di andare a casa presto il giorno non lo so. La mia mente ora è limpida, sgombra, non c'è più nessuna nube che turba, di questo me ne sono resa ben certa. E sono contenta. Desidero andare a casa per stare col mio bambino. L'unica cosa che meriti  veramente tutto di me stessa, il meglio di me stessa. Ora sono stanca di star qua se pure abbia ritrovata la salute, ora mi sento di tornare a casa se Dio mi aiuta, giacché sto bene dovrei andarci presto, io vorrei andarci prestissimo. 

1 commento:

Stranistranieri ha detto...

Ho sempre pensato, fin da ragazzina, che la maggiore responsabile della "pazzia" degli individui, fosse la famiglia. E continuo a pensarlo.