domenica 8 luglio 2018

Di chi è colpa se non scrivo più?

Dei concorsi letterari.
Dei soldi guadagnati (pochi, comunque troppi).
Dei concorsi per lavoro, che ogni tanto faccio ancora, anche se mi limito a mandar raccomandate, a  guardare i libri, a sfogliarli,  a volte a sottolinearli, a presenziare alla prima prova. Alla seconda non arrivo mai.
Del pendolarismo.
Di googlenews, corriere.it, gazzetta.it, pagina99.it, Internazionale.it, e addirittura iltirreno.it, di whatsapp e  quei maledetti gruppi, di facebook e del peggio del peggio, dei callcenter, di amazon, delle mail, delle newsletter, degli algoritmi, della connessione internet troppo lenta, dell’aggiornamento del pc, degli antivirus, delle password da cambiare, delle foto da scaricare, dell’homebanking, dello spid, del cloud, delle pagelle online.
Del fatto che leggo troppo.
Della pagina bianca e del cervello vuoto.
Del teatro, quello visto e quello fatto.
Della carenza di sonno.
Del mal di gambe.
Dei fine settimana al mare.
Del fatto che non ho nulla da dire.
Del fatto che non c’è nulla da dire.
Dei viaggi, della burocrazia, della casa da rimettere, delle lavatrici da fare, dei regali, delle cene, delle pulizie,  dei supermercati e dei centri commerciali  (la colpa è loro a prescindere, su tutto).
Del figlio che calcio, tennis, bici, skate, compiti, danza, laboratori, biblioteche, dottori, compleanni, ninnenanne, docce, waterclosets.
Del fatto che non vivo in Islanda, dove fanno due lavori a testa e trovano il tempo di leggere il doppio di noi e di far figli e di ubriacarsi e di scrivere magnificamente e di andare ai mondiali di calcio e di essere anche più belli. Stronzi.
Di Etgar Keret, Kazuo Ishiguro, Herman Koch, tanto per dirne alcuni scoperti da poco, o di Karl Ove Knausgard, di Ian Mc Ewan, di Thomas Bernhard , lui poi, massimo colpevole. Tutti scrittori che uno dice: ma che scrivo a fare? Meglio legger loro e festa finita. Che senso ha scrivere? Perché? Che cosa dà in più non dico agli altri, questo no di sicuro, ma a me stesso?
E’ colpa di tutti e di tutto, fuorché mia.

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