giovedì 3 gennaio 2008

Racconto - La mia tavola in un giorno di festa

Il giorno del mio compleanno, del prossimo voglio dire, verso mezzanotte, tutti lì a guardarmi attoniti, voglio saltare a piè pari sulla tavola, una tavola un po’ deboluccia, forse preziosa, certo instabile, voglio saltarci sopra e ballarci come so fare io, cioè in maniera sensuale e ironica, abile e divertente, al ritmo di salsa e cha cha cha, all’inizio, per scaldare i miei muscoli e l’ambiente, passando poi al flamenco, per testare la reale solidità del tavolo, ma sarà un passaggio rapido, così mi son messo d’accordo col mio amico che smanetterà le musiche, forse anche un breve lento con una delle mie giovani amiche, per concludere con una scatenatissima musica balcanica, che mi prende la pancia e me la fa vibrare tutta. Poi mi farò dare la torta, preparata con le mie mani sapienti, la terrò con una mano sola, impaurirò un po’ gli amici che mi vedranno piroettare, e concluderò atterrando in ginocchio, dopo un rapidissimo giro di valzer, spengendo le candeline e invitando con un gesto tutti i miei amici al tanti auguri.

Tutti gli anni è così. Invito sempre i miei amici per il mio compleanno e li stupisco con qualche effetto mirabolante, qualche trovata divertente, qualche piccola sorpresa. L’anno scorso, una cosa semplice, in una stanza semivuota, ho steso in terra decine di grandi fogli di carta, quelli usati per le lavagne a fogli mobili, altre decine fissati alle pareti, solo il soffitto era libero, ho fatto entrare gli invitati a piedi scalzi e ho chiesto loro di sbizzarrire la fantasia. Dopo i primi momenti di titubanza, alcuni hanno cominciato a far qualcosa, gli altri guardavano, poi sono venute fuori le idee, e le discussioni su quel che stavano facendo, gli scherni giocosi e gli apprezzamenti, gli oh! di meraviglia, e alla fine tutti si sono stesi in terra o attaccati alle pareti, e hanno liberato la fantasia. Chi ha scritto una poesia, chi un augurio piccolo piccolo, chi ha fatto un bel disegno, chi una semplice firma, chi ha preso le tempere e si è messo a pasticciare con le mani. Un’opera d’arte collettiva, che ho fotografato in lungo e largo, e un pomeriggio insolito in cui tutti sono tornati a casa convinti di essere un po’ diversi rispetto a quando erano arrivati.

E potrei andare avanti così, eh. Compleanni, carnevali, ferragosti: mi piace radunare un bel gruppo di persone, amici o amiche, amici degli amici, single incalliti, gay, coppie con o senza bambini, divorziati in cerca della nuova anima gemella. Li metto tutti insieme, non sto a guardare se uno va d’accordo con l’altro, se questo si fa vedere solo di rado, se l’altro viene solo per qualche interesse particolare. Io chiamo, loro, se vogliono, rispondono. Non faccio sempre il protagonista, non sempre. A volte me ne sto lì assorto su una sedia, rido e sorrido agli altri, ascolto silenzioso, sbrigo quel che c’è da fare, metto un po’ di musica. Poi a una certa ora, buoni e cattivi, tristi e felici, tutti a letto, io per primo, ci sono già, mentre gli altri guidano verso casa, sotto le coperte già sogno la prossima festa.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Racconto insolito, diverso da quelli letti fino a ora.
Mi piacerebbe essere invitata ad un compleanno come quelo che hai descritto!
Viola

Stranistranieri ha detto...

Ti chiamerò per organizzare il mio, quando deciderò di ricominciare a festeggiarlo.
Auguri

silviodulivo ha detto...

Va bene, lo farò, purrché cucini te!
Silvio