mercoledì 20 febbraio 2008

La porta - Un'epifania di Homo Faber

Quando fu davanti alla porta ebbe un attimo di esitazione, tanto quanto bastava acché l’impulso sfrenato che fino a là lo aveva condotto si esaurisse sgonfiandosi come vescica nel procrastinato mingere. La titubanza divenne incertezza, si dilatò il lasso dell’indugio, quasi ad abbracciare l’ampio spettro delle possibili conseguenze, il braccio restò teso immobile verso la maniglia sulla quale poggiava la mano, le dita esangui nella contrazione. L’insostenibilità stessa della postura vietava una proroga durevole, qual breve miccia non a lungo dilaziona il botto, epperò, ruotando il polso, spinse ed ebbe accesso. Né luce né tenebra v’invenne, siccome avea previsto, ma solo la patina del tempo, con la delusione sarcastica dello spettatore di un film dal finale scontato.
Homo Faber
Esercizi di stile
Carico come una molla, parte a palla e va diritto come un fuso fino alla porta. A quel punto: dubbio, incertezza. Proprio sul più bello perde tutta la sua sicurezza, si sgonfia come le palle quando uno piscia dopo averla tenuta un bel po’. Il dubbio, in quel preciso istante, diventa un GRANDE DUBBIO, dopo di che il GRANDE DUBBIO diventa un ENORME DUBBIO, come se gli fossero arrivate al cervello tutte le cazzo di cose che gli potevano accadere. Sicché il braccio gli si paralizza sulla maniglia e i diti gli diventano bianchi a forza di star lì fissi come un lampione. Ma non può mica rimanere fermo in quel modo troppo tempo, allora che fa? Abbassa la mano, spinge e entra. Tutto il contrario di quello che credeva: non vede la luce e neanche il buio, ma solo che è invecchiato senza neanche accorgersene, E così ci rimane di merda come quando vai al cinema e vedi il solito film americano che sai già come va a finire dopo dieci minuti. Homo Modernus (silviodulivo)
Uèn he uòs in front of the port, he ebb uàn moment of esitescion, abbastanz that la spint scompost that ebb bringato fin a over dèr him finish sgonfing com the vescic nel pisc prolungeited. La titubans bichéim incertez, il lass dell’indugg se extendet, almost ad abbraccér the big spettr of the conseguens possibols, the bracc fixed himself immobilizer in direccion of the manigl on the la qual pogged the man, the ditas without blùd in the contraccion. The stess ansostenibol of the postur verboten una durebol prolungascion, as sun as micc very little not a long dilescions the bum, and but, viring the pols, sping end accedèt. Not làit, not tenebras faund, as prevedèt, but only la patin of the tàim, with the sarcastic delusion of the spettator of a film with the finish scontated. Homo maccheronicus (silviodulivo)
“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Giovanni 10,9). Una porta che ha a che fare sicuramente con l'Epifania è quella dell'Anno Giubilare, in realtà essa viene aperta la notte di Natale dell'anno precedente il Giubieo e richiusa nella giornata dell'Epifania di quello successivo.L'ultima mano dolente e contratta che ha toccato quella porta è stata quella di Giovanni Paolo II. Homo Vulgaris (anonimo)
Si diresse alla porta, ebbe un attimo di esitazione, aprì, rimase deluso.
Homo brevis (silviodulivo)
Quando fu davanti, di fronte, di rimpetto all’apertura praticata nel muro di un edificio per permettere l’entrata e l’uscita, più precisamente al serramento applicato a tale apertura, ebbe un attimo, un momento, un istante di esitazione, indecisione, perplessità, indugio, tanto quanto bastava, era sufficiente acché, affinché il moto istintivo che spinge un individuo ad agire in un determinato modo che fino a là lo aveva condotto, portato, guidato si esaurisse, si vuotasse completamente, finisse come sacca o ricettacolo in cui si raccoglie una secrezione nel rimandato, rinviato, ritardato, prolungato mingere, orinare. L’indecisione, irresolutezza, insicurezza divenne condizione di dubbio o di indecisione, fece crescere in volume o superficie il periodo, l’arco di tempo dell’indugio, pausa, attesa, quasi a stringere tra le braccia in segno di affetto o di amore lo spettro, il campo di azione ampio, che ha grande estensione, vasto, delle ipotetiche, possibili, eventuali cose che risultano logicamente da determinate premesse, uno dei due arti superiori del corpo umano restò, rimase teso, tirato, in tensione immobile, fermo, fisso, stabile verso, in direzione dell’elemento facilmente impugnabile, di materiale e di foggia qui non ben definiti, che si applica in questo caso a una porta, per poterla aprire, sollevare o trasportare, in questo caso aprire, sulla quale poggiava, posava, metteva l’estremità dell’arto superiore formata dal palmo, dal dorso e dalle cinque dita, con funzioni prensili e tattili le parti mobili con cui terminano le mani dell’uomo esangui, dissanguate, morenti, nella contrazione, spasmo. L’insopportabilità, intollerabilità, insostenibilità stessa, medesima della postura, posizione,vietava, proibiva una proroga, protrazione, posticipazione durevole, lunga, prolungata quale breve, corto dispositivo specialmente a forma di cordone, combustibile, atto a trasmettere l’accensione a polveri o a ordigni esplosivi non a lungo dilaziona, rimanda, rinvia il rumore forte, improvviso, causato specialmente da un colpo, uno sparo e simili, però, ruotando, girando, virando la regione anatomica dell’arto superiore dell’uomo in cui le ossa della mano si congiungono con quelle dell’avambraccio sottopose la porta a una pressione momentanea o prolungata per spostarla in una determinata direzione, in questo caso in avanti, ed ebbe accesso, entrò, accedé, entrò dentro. Né luce, chiarore, bagliore, né tenebra, oscurità, buio vi invenne, trovò, scoprì, come aveva previsto, pronosticato, preavvertito, ma solo la patina, lo strato superficiale della successione irreversibile degli istanti, dei minuti, delle ore, dei giorni, ecc. con la delusione, disinganno, amarezza ironica, sprezzante, sarcastica dello spettatore, astante, testimone di un film, pellicola, opera cinematografica dal finale scontato, prevedibile, immaginabile. Homo precisus (silviodulivo)
A-pri la po-or-ta, coniglio, a-pri la po-or-ta, a-pri la po-or-ta, coniglio, a-pri la po-or-ta. Homo tifosus (silviodulivo)
GASTRONOMICO-DOLCE Dinnanzi a quella porta dura e scura come cioccolato amaro, mi sentivo come uno strudel di frutta candita, avvolto nella pasta frolla burrosa eppure grondante di fluido sciropposo e miele d’acacia. Addentare o no quella tavoletta? I termini del quesito erano complessi quanto la scelta tra un bignè di crema chantilly e una fedora generosamente ricoperta di panna montata. Il braccio teso come un duro di menta insisteva sulla maniglia di panpepato e mandorle. Rivoli di succo d’amarena mi solcavano la schiena e una rara essenza di vaniglia del Madagascar si diffondeva nell’aria, mista a un vago sentore di cannella di Ceylon. Spinsi la porta, che sfrigolò come una frittella per San Giuseppe. Quel che vidi trasformò le mie gambe di torrone in tenero croccante di pinoli; la testa si fece di zucchero filato.
Florentina - Dulcis in fundo Homo Faber Postilla a “LA PORTA”
L’epifania, dal lat. tardo epiphāna, dal gr. epipháneia ‘(feste) dell’apparizione’, è la manifestazione della divinità in forma visibile; per antonomasia la manifestazione della divinità di Gesù ai Magi nel mito cristiano. La parola ha anche il significato più generico di ‘apparizione, manifestazione’ ed è in questo senso che la usa Joyce per designare dei particolari momenti, nella vita e nella narrazione, nei quali si ha, come per un velo che si squarcia, una percezione profonda ed essenziale della realtà e di ciò che dietro di essa si nasconde. Ho chiamato con il termine epifania, usandolo quindi in modo un po’ diverso da come lo usa Joyce, questo tipo di composizioni che per la loro brevità sono costituite quasi totalmente dal momento della “manifestazione”. Una possibile interpretazione dell’epifania LA PORTA, che in quanto costruita a posteriori e per quanto autorevole ne ammette ogni altra da parte del lettore, è la seguente: La porta preclude l’accesso all’interno, o l’evasione verso l’esterno, o il passaggio fra due locali, comunque sempre prelude ad un movimento spaziale che può essere assunto a metafora di uno qualsiasi dei cambiamenti di maggiore o minore importanza che si presentano nel corso dell’esistenza: un nuovo lavoro, una nuova città, delle nuove amicizie, un nuovo amore. Nel migliore dei casi questi cambiamenti sono intrapresi con grande entusiasmo, benché non sia improbabile che si venga colti durante il processo da un ripensamento, da un senso di timore e di incertezza che il nuovo non manca mai di suscitare. Se il timore è forte può soffocare il processo già sul nascere, o durante il percorso, ma può anche emergere quando ci si è già tanto inoltrati che seppure lo slancio venisse meno non sarebbe più possibile tornare indietro. In fondo molte decisioni non sono il frutto di una scelta razionale, non derivano dal soppesare con cura tutti i pro e i contro, ma sono diventate ineluttabili a seguito di comportamenti anteriori alla decisione stessa. Ecco quindi che si entra nel nuovo. La più grande delusione è scoprire che nuovo non è, che il tempo ha ottuso le sue caratteristiche (o ha forse ottuso le doti percettive di chi lo ravvisa?), tanto che non riluce né è particolarmente oscuro; in definitiva una via di mezzo amorfa fra il bene e il male, non molto differente da ciò che si è lasciato. Eppoi lo si sapeva. Le antiche conoscenze, le frequenti esperienze, cos’altro potevano indurre a prevedere? Resta, ad amara consolazione, l’orgoglio di una preservata lucidità e un certo sarcasmo verso coloro che in circostanze simili si sarebbero aspettati qualcosa di diverso e che forse, per la loro innocenza non scevra di ignoranza, meglio apprezzano quel brutto film che è la vita.

34 commenti:

Anonimo ha detto...

H.F. sicuramente quello che scrivi può definirsi letteratura di serie A, ma io, che sono una ragazza semplice, non sono riuscita a comprendere l'essenza di ciò che hai scritto.
Viola

Anonimo ha detto...

effettivamente...come dire... beh, se proviamo a leggerlo in un certo modo... o forse, anche...capire quel che c'è.. o che forse non c'è, si potrebbe allora...
Insomma, ma come minchia parli?
Sembra un verbale dei carabinieri, con tutto il rispetto per l'Arma.

Homo Vulgaris

Homo Faber ha detto...

Non pretende di essere letteratura di serie A, né c'è molto da comprendere: c'è da leggerla, possibilmente non una volta sola, e poi decidere se funziona o no.
Trovo che i verbali dei carabinieri contengano delle espressioni arcaizzanti dal gusto prelibato, per i palati che sanno apprezzarle. Sia chiaro che questo non difende la mia composizione, ma i verbali dei carabinieri.

Anonimo ha detto...

Io non mi pronuncio sul linguaggio. Voglio solo sapere cosa c'è dietro la porta.

Florentina

luna ha detto...

Ciao homo faber !
Complimenti per la sequenza di termini scelti,i quali messi insieme danno vita ad un periodo incomprensibile , tuttavia seducente.
Mi piace.
Luna

Anonimo ha detto...

Lo sospettavo da un pezzo, ma ora ne ho la certezza: in questo blog si sniffa coca. Silviooooooo, dove la tieni nascosta?

Lapo Elkan

Anonimo ha detto...

... e dev'essere anche di quella buona!

Diego Maradona

Anonimo ha detto...

Anh'io..! Anch'io..!

Patrizia (l'amico di Lapo)

Anonimo ha detto...

Mi consola sapere che non sono l'unica a non aver capito.
Anch'io sono curiosa di sapere cosa c'è dietro la porta.
Viola

Homo Faber ha detto...

Ringrazio Luna per i suoi apprezzamenti. In questa epifania non c'è niente di incomprensibile: le informazioni che l'autore ritiene pertinenti vi sono espresse in modo chiaro (nelle di lui intenzioni ). Ciò che manca dovrà essere completato dal lettore, e non si tratterà della soluzione univoca di un quiz a premi, bensì delle risposte personali, diverse per ciascuno, ai quesiti che la vita pone e che la letteratura, quella che vorrebbe essere buona, cerca di suscitare.

silviodulivo ha detto...

Ohibò, pofforbacco! Taluno apprezzò l'arcaica prosa del misterioso scrittore.
Ehm. Non riesco a scrivere come Homo Faber, speriamo che mi capisca lo stesso.

Carico come una molla, parte a palla e va diritto come un fuso fino alla porta. A quel punto: dubbio, incertezza. Proprio sul più bello perde tutta la sua sicurezza, si sgonfia come le palle quando uno piscia dopo averla tenuta un bel po’. Il dubbio, in quel preciso istante, diventa un GRANDE DUBBIO, dopo di che il GRANDE DUBBIO diventa un ENORME DUBBIO, come se gli fossero arrivate al cervello tutte le cazzo di cose che gli potevano accadere. Sicché il braccio gli si paralizza sulla maniglia e i diti gli diventano bianchi a forza di star lì fissi come un lampione. Ma non può mica rimanere fermo in quel modo troppo tempo, allora che fa? Abbassa la mano, spinge e entra. Tutto il contrario di quello che credeva: non vede la luce e neanche il buio, ma solo che è invecchiato senza neanche accorgersene, E così ci rimane di merda come quando vai al cinema e vedi il solito film americano che sai già come va a finire dopo dieci minuti.
Homo Modernus

silviodulivo ha detto...

Uèn he uòs in front of the port, he ebb uàn moment of esitescion, abbastanz that la spint scompost that ebb bringato fin a over dèr him finish sgonfing com the vescic nel pisc prolungeited. La titubans bichéim incertez, il lass dell’indugg se extendet, almost ad abbraccér the big spettr of the conseguens possibols, the bracc fixed himself immobilizer in direccion of the manigl on the la qual pogged the man, the ditas without blùd in the contraccion. The stess ansostenibol of the postur verboten una durebol prolungascion, as sun as micc very little not a long dilescions the bum, and but, viring the pols, sping end accedèt. Not làit, not tenebras faund, as prevedèt, but only la patin of the tàim, with the sarcastic delusion of the spettator of a film with the finish scontated

Homo maccheronicus

Anonimo ha detto...

Più che Homo Modernus mi sembri Homo Fatto, più fatto di Homo Faber... ma allora è vera la storia di biancaneve?

Cocain man

Homo Faber ha detto...

I miei complimenti agli autori delle due diverse versioni de "LA PORTA", che mi hanno richiamato alla memoria gli "Exercises de style" di Queneau e che sarebbero meglio collocate fra i post che fra i commenti. E i miei ringraziamenti: ogni parodia è sempre, per l'autore dell'originale, un omaggio più che gradito. Un paio di errori di interpretazione inducono il timore di non essere stato tanto chiaro quanto era nelle mie intenzioni.

Anonimo ha detto...

Dai, facciamo che ognuno propone la propria epifania, alla maniera di Queneau. Ora ci penso un po' e poi vi propongo la mia.

Flotentina

silviodulivo ha detto...

In effetti l'ispirazione è venuta da Queneau, che avevo dimenticato di aggiungere tra i miei libri preferiti. Tra l'altro noi della Compagnia Teatrale Sèsamo e Càrtamo (di cui parlerò tra un po') può darsi che intorno a giugno (ri)metteremo in scena gli Esercizi, se supereremo una selezione.
Per HF: se non ho capito qualche passaggio... non sono l'unico!
Silvio

Anonimo ha detto...

Ottima idea, voglio far parte anch'io di questo gruppo-sperimentale dell'epifania.
Viola

Anonimo ha detto...

Farai la befana?

Homo Vulgaris (per Viola)

Anonimo ha detto...

Ormai non mi meraviglio più dei tuoi sarcastici commenti. Evito di controbattere perchè mi ritengo una gentil donna!
Viola

Anonimo ha detto...

Il brutto è brutto, idipendentemente dal titolo che gli si da. E Gadda è molto, molto lontano dalle Epifanie di H.F. Su un altro pianeta(nel caso avesse avuto qualche ispirazione in quel senso).

Anonimo ha detto...

Credo che Homo Faber si sia ispirato soprattutto alla Befana del Carabiniere.

Maresciallo Rocca

silviodulivo ha detto...

Su, su, basta con le chiacchiere: andiamo avanti con gli esercizi.
Silvio

Anonimo ha detto...

“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Giovanni 10,9). Una porta che ha a che fare sicuramente con l'Epifania è quella dell'Anno Giubilare, in realtà essa viene aperta la notte di Natale dell'anno precedente il Giubieo e richiusa nella giornata dell'Epifania di quello successivo.
L'ultima mano dolente e contratta che ha toccato quella porta è stata quella di Giovanni Paolo II

Homo Vulgaris

silviodulivo ha detto...

Si diresse alla porta, ebbe un attimo di esitazione, aprì, rimase deluso.
Homo brevis

silviodulivo ha detto...

Quando fu davanti, di fronte, di rimpetto all’apertura praticata nel muro di un edificio per permettere l’entrata e l’uscita, più precisamente al serramento applicato a tale apertura, ebbe un attimo, un momento, un istante di esitazione, indecisione, perplessità, indugio, tanto quanto bastava, era sufficiente acché, affinché il moto istintivo che spinge un individuo ad agire in un determinato modo che fino a là lo aveva condotto, portato, guidato si esaurisse, si vuotasse completamente, finisse come sacca o ricettacolo in cui si raccoglie una secrezione nel rimandato, rinviato, ritardato, prolungato mingere, orinare. L’indecisione, irresolutezza, insicurezza divenne condizione di dubbio o di indecisione, fece crescere in volume o superficie il periodo, l’arco di tempo dell’indugio, pausa, attesa, quasi a stringere tra le braccia in segno di affetto o di amore lo spettro, il campo di azione ampio, che ha grande estensione, vasto, delle ipotetiche, possibili, eventuali cose che risultano logicamente da determinate premesse, uno dei due arti superiori del corpo umano restò, rimase teso, tirato, in tensione immobile, fermo, fisso, stabile verso, in direzione dell’elemento facilmente impugnabile, di materiale e di foggia qui non ben definiti, che si applica in questo caso a una porta, per poterla aprire, sollevare o trasportare, in questo caso aprire, sulla quale poggiava, posava, metteva l’estremità dell’arto superiore formata dal palmo, dal dorso e dalle cinque dita, con funzioni prensili e tattili le parti mobili con cui terminano le mani dell’uomo esangui, dissanguate, morenti, nella contrazione, spasmo. L’insopportabilità, intollerabilità, insostenibilità stessa, medesima della postura, posizione,vietava, proibiva una proroga, protrazione, posticipazione durevole, lunga, prolungata quale breve, corto dispositivo specialmente a forma di cordone, combustibile, atto a trasmettere l’accensione a polveri o a ordigni esplosivi non a lungo dilaziona, rimanda, rinvia il rumore forte, improvviso, causato specialmente da un colpo, uno sparo e simili, però, ruotando, girando, virando la regione anatomica dell’arto superiore dell’uomo in cui le ossa della mano si congiungono con quelle dell’avambraccio sottopose la porta a una pressione momentanea o prolungata per spostarla in una determinata direzione, in questo caso in avanti, ed ebbe accesso, entrò, accedé, entrò dentro. Né luce, chiarore, bagliore, né tenebra, oscurità, buio vi invenne, trovò, scoprì, come aveva previsto, pronosticato, preavvertito, ma solo la patina, lo strato superficiale della successione irreversibile degli istanti, dei minuti, delle ore, dei giorni, ecc. con la delusione, disinganno, amarezza ironica, sprezzante, sarcastica dello spettatore, astante, testimone di un film, pellicola, opera cinematografica dal finale scontato, prevedibile, immaginabile.
Homo precisus

silviodulivo ha detto...

A-pri la po-or-ta,
coniglio,a-pri la po-or-ta,
a-pri la po-or-ta
coniglio, a-pri la po-or-ta

Homo tifosus

Anonimo ha detto...

Com'è che ci siamo tutti bloccati? A me non mi viene nulla...
Viola

Anonimo ha detto...

..ma non dovevi fare la befana?

Anonimo ha detto...

GASTRONOMICO-DOLCE

Dinnanzi a quella porta dura e scura come cioccolato amaro, mi sentivo come uno strudel di frutta candita, avvolto nella pasta frolla burrosa eppure grondante di fluido sciropposo e miele d’acacia. Addentare o no quella tavoletta? I termini del quesito erano complessi quanto la scelta tra un bignè di crema chantilly e una fedora generosamente ricoperta di panna montata. Il braccio teso come un duro di menta insisteva sulla maniglia di panpepato e mandorle. Rivoli di succo d’amarena mi solcavano la schiena e una rara essenza di vaniglia del Madagascar si diffondeva nell’aria, mista a un vago sentore di cannella di Ceylon. Spinsi la porta, che sfrigolò come una frittella per San Giuseppe. Quel che vidi trasformò le mie gambe di torrone in tenero croccante di pinoli; la testa si fece di zucchero filato.

Flotentina - Dulcis in fundo

Anonimo ha detto...

Mi inginocchio di fronte a questi artisti. Forse ha ragione Homo Vulgaris, non mi resta che fare la befana!
Viola

silviodulivo ha detto...

Ho ristrutturato, come si vede, il post, inserendo gli esercizi di stile e la post-fazione di Homo Faber. La visualizzazione è mediocre, tutta appiccicottata? Colpa di google che non fa quello che gli dico (e non è la prima volta)
Silvio

Anonimo ha detto...

Ok, l'ultimo chiuda la porta e andiamo avanti...( per carità..! non fate entrare Viola...sssssss..in silenzio chiudete quella porta.)

H.V.

silviodulivo ha detto...

Oh, finalmente il post ha assunto un aspetto più decente, dopo una giornata di passione
Silvio

Anonimo ha detto...

E c'era bisogno di farla tanto lunga?
HV