sabato 2 febbraio 2008

San Salvi/ 5

Riassunto delle puntate precedenti. Un precario della Pubblica Amministrazione, condannato a vita a lavorare in un ufficio dell'ex-manicomio di Firenze, sogna di essere uno scrittore e cerca materiale relativo all'ospedale psichiatrico come spunto per il suo primo romanzo, pubblicando i propri appunti per i suoi quattro lettori.
Qualche appunto da Silvio Pomanti, San Salvi, Anno zero.
I malati venivano fatti alzare alle sei e mezzo. "Ci fanno alzare a quest'ora e ci portano giù per farci tornare qui alle otto di questa sera, sempre chiusi in una stanza; una volta per andare al gabinetto bisognava farsi accompagnare dall'infermiere, per sicurezza; una persona quando è stata in piedi 14 ore al giorno tutte di seguito salvo il pasto, è certamente sfinita, così siamo sicuri che la notte dorme e non rompe i c... Così mi resi conto perchè il giorno avanti avevo veduto molti malati distesi nei corridoi, nelle stanze, fra la segatura, l'orina, credevo che fossero in delirio, che stessero male, invece no erano solo sfiniti, non potevano stare a letto e si sdraiavano per terra, fra le cicche, gli sputi, e peggio ancora, qualcuno seminudo; questo accadeva in Italia nell'ottobre1966.

L'ambiente assai vecchio e malandato non aveva niente di ospedale, ma poteva assai meglio definirsi una cosa a metà fra il carcere borbonico e un vecchio ospizio; vecchi pavimenti logori di mattoni sporchi, le porte assai pesanti e tutte senza maniglie, in quanto gli infermieri aprivano e chiudevano continuamente tutto al loro passaggio con una grossa chiave lucida dal continuo uso; i servizi igienici altro non erano se non vecchie latrine, senza acqua, con monti di escrementi, naturalmente senza porta; gli infermieri passavano continuamente la segatura da una stanza all'altra nel vano tentativo di ridurre al minimo la sporcizia che regnava dovunque. Le finestre erano piuttosto ampie, protette da solide grate, gli scuri assicurati da un marchingegno che permetteva l'accostamento ad angolo, tramite una grossa bacchetta di ferro, chiusa a chiave anche quella, per permettere un lieve passaggio di aria ma impedendo nello stesso tempo di aprirla totalmente.

Luigi Mariotti, Ministro della Sanità nel 1967: Abbiamo oggi degli ospedali che assomigliano a veri lager germanici, a delle vere e proprie bolge dantesche; i malati di mente, secondo la vecchia legge 1904, sono considerati uomini irrecuperabili e sono schedati secondo un principio medievale nel casellario giudiziale come fossero rei comuni.

Giorgio Coda, psichiatra: l’essenziale è disporre di buoni medici, coscienziosi, che respingono la vecchia e comoda sentenza ancora applicata che dice: Diagnosi, pazzo; Prognosi, infausta; Terapai, nessuna.

Prof. Mossa (Collegno): detesto le chiavi, le grate, le porte sprangate; in questi ultimi tempi abbiamo demolito centinaia di tonnellate di grate e cancelli, ma ne restano sempre.

Prof. Aschieri, vicedirettore dell’Ospedale Psichiatrico di Varese: alcuni istituti non possono più dirsi ospedali o manicomi e neppure semplicemente ricoveri, ma veri e propri campi di eliminazione e di sterminio.

Prof Diego De Caro: l’ergoterapia sfugge spesso al controllo sanitario, viene applicata indiscriminatamente ed ha provocato lo sviluppo abnorme, dentro e vicino agli ospedali psichiatrici, di grandi aziende agricole, di officine attrezzatissime, di laboratori del tipo industriale, dove viene occupato un numero sempre crescente di ricoverati, con indubbi vantaggi per gli economisti degli ospedali, ibrido sistema commerciale gabellato per ergoterapia.

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Correva l’anno 1876 quando nell’edificio dell’ex convento di San Francesco, ad Aversa, allora casa di pena per invalidi, il direttore generale delle carceri, Martino Beltrani Scalia, in assenza di disposizioni legislative creò la sezione per maniaci, inviandovi diciannove rei-folli affidati alle cure di Gaspare Virgilio, medico-chirurgo della casa penale dal 1867.

Sarà poi il Regolamento generale delle carceri emanato nel 1891, a seguito del Codice Penale Zanardelli del 1889, a prevedere espressamente la misura del manicomio giudiziario per "i condannati divenuti pazzi durante la espiazione della pena, ed agli imputati ed accusati dei quali l’Autorità giudiziaria competente ordina il ricovero forzato, temporaneo o definitivo" (relazione al Ministro dell’interno sul Regolamento per gli Stabilimenti carcerari e per i Riformatori governativi del Regno, 1891).



Virgilio, celebre alienista e fedele seguace delle teorie lombrosiane, già direttore del manicomio civile di Aversa "S. Maria Maddalena" dal 1863 al 1904, aveva qui iniziato i suoi studi sul parallelismo tra malati di mente comuni ed alienati delinquenti, studi resi possibili in quanto il manicomio civile da lui diretto era l’unico manicomio in tutto il Regno che accoglieva malati di mente, autori di reato. Prima come medico chirurgo e poi come alienista, nel 1904 assunse la direzione del manicomio giudiziario lasciando quella del manicomio civile. Virgilio approfondì i suoi studi sui rapporti tra delinquenza e follia, passando dall’iniziale identificazione tra pazzo e reo al concetto di "analogia" tra delinquenti e malati di mente. Nel 1904 la sezione per maniaci fu ampliata e trasformata in direzione autonoma di manicomio giudiziario. Nel 1907 Filippo Saporito successe a Virgilio nella direzione del manicomio giudiziario di Aversa.

Il problema della creazione di spazi detentivi ove contenere quei soggetti autori di reato riconosciuti incapaci di intendere e di volere, o dei rei già detenuti e impazziti in carcere, i cosiddetti rei-folli, era avvertito con grave disagio e drammatica urgenza da parte delle autorità. Sia i manicomi civili, infatti, che le direzioni delle carceri, si rifiutavano di ospitare entrambe le categorie. Sugli esempi di esperienze realizzate all’estero, dall’Inghilterra alla Francia alla Germania, dal Canada agli Stati Uniti, ad Aversa si sperimentò quindi questo primo esempio di asilo per maniaci, prototipo del manicomio giudiziario così fortemente auspicato dagli esponenti dell’antropologia criminale, primo fra tutti Cesare Lombroso.

Questo primo esperimento sarà imitato dopo qualche anno da analoghe strutture che sorgeranno a Montelupo Fiorentino (1886), a Reggio Emilia (1896), a Napoli (1923), a Barcellona Pozzo di Gotto (1925), a Castiglione delle Stiviere (1939) a seguito di una convenzione tra il ministero di Grazia e Giustizia e l’Amministrazione degli Istituti Ospedalieri), a Pozzuoli (1955).

Sono note le drammatiche vicende che alla fine degli anni Settanta portarono i manicomi giudiziari al centro di aspre polemiche e ferme richieste di chiusura di essi: prima la morte della ricoverata Antonia Bernardini, avvenuta nel 1975 nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, quindi le denunce di gravi illegalità verificatesi negli istituti di Aversa e di Napoli. Domenico Ragozzino, direttore del manicomio giudiziario di Aversa, e Guglielmo Rosapepe, direttore a Napoli, furono entrambi accusati delle gravi violazioni. Imputati e condannati in primo grado, furono quindi assolti in appello dalle accuse che erano state loro mosse. L’assoluzione, comunque, non cancellò il ricordo dei drammatici fatti avvenuti in quei luoghi. I due funzionari, travolti dagli scandali, posero fine alla loro vita con il suicidio.

Le critiche vecchie ed attuali rivolte ai manicomi giudiziari non possono comunque non far rilevare che gli antropologi criminali, gli psichiatri, i filantropi del secolo scorso e dell’inizio di questo secolo, e la ricca bibliografia esistente lo attesta, fossero sinceramente persuasi che la nascita dei manicomi criminali avrebbe realmente prodotto la panacea di tutti i mali riguardanti la prevenzione della criminalità e l’unica valida misura per attuare un’efficace difesa sociale.

Oggi, soprattutto dopo la chiusura dei manicomi, è in corso il dibattito sull’utilità di tenere ancora aperti i manicomi giudiziari, che hanno cambiato la denominazione in ospedali psichiatrici giudiziari a seguito della riforma dell’Ordinamento Penitenziario del 1975 (L. 354 del 26 luglio 1975). E’ un problema di difficile soluzione, ma il dato comune alle diverse ipotesi che mirano alla riforma dell’ospedale psichiatrico giudiziario si rileva nella unanime convinzione che l’ospedale psichiatrico giudiziario è ormai un’istituzione che ha fatto il suo tempo e che occorre proporre delle alternative nuove per la gestione della categoria dei prosciolti (è questo il termine giuridico che definisce i responsabili di reati giudicati incapaci di intendere e di volere e quindi non punibili), superando le ambiguità e le sovrapposizioni tra custodia e trattamento psichiatrico che hanno accompagnato il manicomio giudiziario fin dalla sua origine.

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Borzacchiello A., Pazzie e delinquenti Manicomio e carcere, 1997



Per saperne di più

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TESTO: Il manicomio giudiziario nella sua storia recente: Aversa di Alberto Manacorda

TESTO: Opg, Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Franco Scarpa (Dir. OPG Montelupo Fiorentino)

VIDEO: 20/02/2002 "Porta a Porta" - RAI 1

VIDEO: Visite a Domicilio - Carmen La Sorella e Dario Fo - RAI 2

VIDEO: 06/07/2005 - Cominciamo Bene Estate - RAI 3

VIDEO: 20/05/2006 - Kosmos - Rete 4

VIDEO: 09/2007 - Pazzi criminali di valerio Castaldi - Tg2 Dossier RAI2

AUDIO: 29/10/2007 - Quale futuro per gli ospedali psichiatrici giudiziari - La Radio ne parla - Radio1 RAI


HIVANDER

Anonimo ha detto...

Beh... andiamo avanti..

Homo Vulgaris

silviodulivo ha detto...

... il lavorod all'usl mi divora, non è facile trovare un piccolo spazio...
Silvio

Anonimo ha detto...

L'argomento dei manicomi non mi ha mai attratto, comunque ti leggo volentieri come sempre. Sicuramente il lavoro ti assorbe, ma tu impegnati per i tuoi lettori che, anche se pochi, sono di sostanza.
Viola

Anonimo ha detto...

Viola, smettila di sviolinare.

Homo Cinicus

silviodulivo ha detto...

Homo Gelosus.
Purtroppo in questi giorni non ce la faccio neanche ad andare in biblio, spero che la situazione migliori
Silvio

Anonimo ha detto...

Mentre Silvio porta avanti le sue ricerche che gli serviranno per comporre uno splendido inno alla follia ma che a noi (o devo dire a me?) interessano veramente poco, potremmo parlare d'altro. Ovviamente non di letteratura. Qualcuno conosce una buona ricetta per il gulash ungherese?
H.F.

Anonimo ha detto...

Potrei aiutarti io se mi specifichi a cosa ti riferisci in particolare. Lo spezzatino di maiale (che quì passa per gulash ma che in Ungheria si chiama Porkolt) o la zuppa di verdure (gulashsoup)?

Homo Culinarius

Anonimo ha detto...

Mentre con Silvio sviolino, con H.F. farei ben altre cose.Taci Homo Vulgaris, non sono le cose a cui pensi tu!
Viola

Anonimo ha detto...

H.F. è di vedute aperte, ma non disposto a tutto. Per esempio no ad un pellegrinaggio a Lourdes. Cosa farebbe col lui Viola?
H.F.

Anonimo ha detto...

Viola, te la canti e te la suoni d sola...la viola

Homo Vulgaris

Anonimo ha detto...

No, Homo Vulgaris, è che conosco gli uomini e la loro natura.
Homo Faber, non voglio sbilanciarmi ma quando ho letto che chiedevi la ricetta del gulash ungherese, ho perso le staffe, ma ti sembra appropriata una domanda del genere in quel contesto?
Viola

Anonimo ha detto...

Viola... lascio che sia H.F a rispondere alla domanda, naturalmente, ma credo che tu debba mettere un pò d'ordine nei tuoi pensieri... dev'esserci stato un corto circuito nell'archiviazione degli imput nelle categorie di: Silvio, gulash (porkolt o gulashsoup?), uomini, loro natura, cose da fare con H.F.
Se mi prometti di non trattarmi più male ti darò qualche consiglio.

Homo preoccupatum

Anonimo ha detto...

Questa Viola che si anima solo e alimenta solo seghe mentali maschili! Che palle! E che palle le seghe dei maschi!

Anonimo ha detto...

Miei cari,
in un blog che sembrava dedicato alla scrittura (semplifichiamo) di tutto si parla tranne che di quello. Perciò ho provato a smuovere le acque con una iperbole paradossale. Non è servito a molto perché è stata presa alla lettera, per cui qualcuno si indigna e qualcuno mi propone davvero delle ricette (del gulash me ne frega assai).
Svegliamoci!
H.F.

silviodulivo ha detto...

Lettori indisciplinati.
Intanto questa settimana è andata a vuoto perché la biblio è un po' così, per quanto sia brava la signora, il servizio è un po' così, modello-usl
Silvio

Anonimo ha detto...

Come sarebbe "il servizio è un pò così"? Non erano solo dieci libri..fra cui due tesi di laurea e tre "Tex Willer"?
H.F... tu devi avere più problemi di Viola, riguardati.

Homo incredulum

Anonimo ha detto...

Se Homo incredulum (ma perché all'accusativo?) è lo stesso delle ricette capisco il suo disappunto, ma la sua argomentazione è un po' scarsa.
H.F.

Anonimo ha detto...

Eccomi qua! Cari uomini, come al solito volete intendere quello che vi conviene. Parlate parlate ma io non vi capisco, io intedevo dire che Homo Vulgaris, in quanto vulgaris, avrebbe pensato male delle mie intenzioni su H.F.
Mi sono indignata con lui perchè mentre silviodulivo parla di cose serie e dolorose come la follia, si scherza portando il discorso sul gulash e c..... varie. Svegliatevi e ritornate sull'argomento!
Viola

Anonimo ha detto...

Io continuo a sostenere che Viola dovrebbe mettere ordine nei suoi pensieri, sarebbe utile che si rileggesse i vari passaggi: si accorgerebbe che non c'entro niente con le tresche che imbastisce.

Homo innocentis

Anonimo ha detto...

Io dovrò rimettere ordine nei miei pensieri, ma tu dovresti farti un "esame d'identità". Io parlavo con Homo Vulgaris, non con Homo Innocentis Preoccupatum.
Viola

Anonimo ha detto...

sarò mica stato io a creare tutta la confusione che hai in testa..?
Non potrei mai perdonarmelo!

Homo pentitis

Anonimo ha detto...

Per Viola e H.F.

L’inferno esiste e non è vuoto. Benedetto XVI lo riafferma nel tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci romani, sottolineando che la salvezza non è automatica, non arriverà per tutti, e l’inferno è una possibilità reale. Era stato il teologo svizzero Urs Von Balthasar, grande amico oltre che collega di Ratzinger, a ipotizzare che l’inferno fosse vuoto. Ribadendo un concetto che espresse anche recentemente durante la visita alla parrocchia Santa Felicita nella periferia romana, Benedetto XVI ha ripetuto oggi, con parole ferme e chiare, la verità sulla punizione eterna: l’inferno c’è.
Rispondendo a un sacerdote che gli chiedeva della necessità, per la Chiesa, di tornare a parlare delle “cose ultime”, come peccato, inferno, vita dopo la morte, papa Ratzinger ha detto che non bisogna dare per scontato che la salvezza sia una cosa gratuita e che ”non tutti ci presenteremo uguali al banchetto del Paradiso” ma sarano invece molti quelli che dovranno purificarsi.

paparatzi

Anonimo ha detto...

Certo che l'inferno esiste, il mio è già iniziato qui sulla terra...incontrando te!
Viola

Anonimo ha detto...

Tranquilla... è solo un percorso di purificazione.

Caronte