martedì 20 maggio 2008

Gli altri

Homo Faber, in un commento del precedente post, ha accennato alla questione: chi giudica se uno scrittore è buono o no? Gli altri, dice lui. Ma chi sono gli altri? Ecco come la vedo io.
  • Gli amici
  • Gli editor/agenzie letterarie
  • Gli editori
  • Il pubblico
  • Se stessi
Gli amici. Di solito sono i primi a leggerti. Superate le prime paure (ma c'è chi non le supera mai) il primo passaggio è farsi leggere da chi si conosce. Alcuni, dopo aver saputo che scrivi, chiedono esplicitamente di leggerti (un buon numero nel mio caso), alcuni insistono addirittura anche dopo esser stati accontentati, alcuni chiedono ma poi spariscono, alcuni ti leggono e ti coprono sempre e comunque di elogi (inutili), alcuni non commentano (saranno rimasti disgustati?), alcuni ti criticano sempre e comunque (inutili), alcuni entrano nel dettaglio (utili ma rari), alcuni ti guardano negli occhi e ti dicono che il tuo racconto è bello e ti sembra di capire dal loro sguardo che effettivamente, davvero, senza scherzi, ciò che dicono corrisponde a ciò che pensano. Succede raramente, ma talvolta mi è capitato. Insomma, secondo me, l'aspirante scrittore, se davvero vuole avere un'opinione vera dal lettore non dovrebbe chiedere un commento (tantomeno scritto) all'amico o al parente o a chicchessia; dovrebbe aspettare che quel qualcuno dal quale aspetta un giudizio gli si rivolga spontaneamente e gli dica qualcosa, a quel punto dovrebbe guardarlo fisso negli occhi, dovrebbe cercare di leggere una lucina nello sguardo dell'interlocutore e dire: sì, questa lucina mi dice che davvero è rimasto entusiasta dei miei racconti, della mia poesia, del mio romanzo. Se accade, ma accade di raro, forse mai, è valsa la pena scrivere per gli altri.
Gli editor/agenzie lettterarie Sono coloro che decideranno se investire o no su di te, coloro che butteranno all'aria la tua opera, te la cestineranno, te la cambieranno da cima a fondo o, in qualche caso miracoloso, te la ritocheranno solamente. Sono i maestri dello scrittore, nel senso di "coloro che danno il voto". Dunque: sono coloro che lo scrittore più ama e più odia, come tutti quelli che ci giudicano. Lo scrittore, o aspirante tale, non potrà mai essere obiettivo nei loro confronti. Io non li ho mai affrontati e quindi non dirò di più.
Gli editori Talvolta coincidono con la categoria sopra, e quindi vale quanto detto sopra. Spesso sono il livello superiore, a cui si arriva dopo gli altri filtri. Di per sé, che io sappia, sono odiati dagli scrittori. Dagli aspiranti scrittori perché cestinano sempre tutto ciò che gli arriva. Dagli scrittori famosi perché stanno sempre col fiato sul collo: è pronto? è finito? allora, a che punto siamo? mandalo, mandalo, mandalo, ora, subito, presto.
Il pubblico Semplice. Se hai successo, vuol dire che sei un bravo scrittore. Se non hai succeso vuol dire che il pubblico è di basso livello e non sa discernere un buono scrittore da uno cattivo. (La penserà così anche Fabio Volo? Voglio dire, ammesso che i suoi libri li scriva effettivamente lui, davvero Fabio Volo pensa di essere un buono scrittore?)
Se stessi Ed eccoci al punto chiave. Ah, ce ne sarebbero di cose da dire! Ma questo è solo un post. Intanto però, in due parole: se scrivo sto bene, se non scrivo sto male. Punto.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Silvio,
alle domande che poni ti sei già risposto da solo. Se hai un gruzzolo di amici che hanno la pazienza o la curiosità di leggere quello che scrivi, può capitare che un terzo di loro, come Viola, ti dica sempre “bravo”. Un altro terzo, come l’Homo Vulgaris, non te lo direbbe nemmeno sotto tortura. Sia il primo terzo sia il secondo, non ti darebbero mai consigli o suggerimenti. L’ultimo, ma non ultimo, terzo d’amici, come l’Homo Faber, sarà sempre prodigo di critiche, consigli o suggerimenti, ma non ti dirà mai “bravo”. Può rassicurarti il fatto che i tuoi amici non sono critici letterari e neppure costituiscono un campione rappresentativo dei gusti del pubblico, che è l’unica cosa importante. Qualsiasi aspirante scrittore spiccherebbe salti, che nemmeno un grillo imbottito di cocaina, se solo qualcuno gli pubblicasse qualcosa… da qui a pensare di innovare, o addirittura, rivoluzionare qualcosa, ci penserebbe strada facendo. Risultato: dagli amici non caverai un pidocchissimo ragno dal buco. Restano gli editori, passando dai loro filtri, i quali sanno, o intuiscono, se il tuo “prodotto” potrebbe essere giusto o sbagliato per il mercato, qualcuno potrebbe scommetterci, magari consigliandoti degli aggiustamenti. Anche se tu facessi centro, non ti direbbero mai che sei bravo: innanzitutto perché non gliene frega niente, e poi perché più te lo dicono e più devono pagarti. Del resto, proprio su questo blog si sono accese discussioni feroci su degli scrittori che il “problema” pensavano già d'averlo risolto da un pezzo. Conclusione: devi rassegnarti, potrai diventare uno scrittore famoso ma non saprai mai se sei bravo… almeno finchè sei in vita. Dopo, però, non so proprio come potrai saperlo

Homo Faber ha detto...

Chi sono per lo scrittore gli “altri”? Tutti quelli che lo leggeranno ed anche qualcuno senza leggerlo. Ciò che volevo dire è che per ciascuno quello scrittore sarà buono o cattivo con tutte le graduazioni intermedie, i comparativi ed i superlativi. Non credo che esista la possibilità di stabilire una valutazione definitiva e universalmente valida, nemmeno dopo la morte.
Quando, nel commento ad un racconto di silviodulivo, a proposito di certi ingredienti ho parlato “di una certa capacità di farli percepire”, ho inteso esprimere un parere positivo. Lo stesso quando “ho apprezzato un paio di immagini che spiccano tanto da giustificare, secondo me, tutto il racconto” nel commento a “Generazioni” di Assia. Di sicuro mi sarei sbilanciato di più se avessi potuto commentare la epifanie di HF. Ma quello tocca agli “altri”.

Stranistranieri ha detto...

Non amo troppo far leggere agli amici e nemmeno far leggere troppo in giro. Per me raccontare è ricordare e infarcire il ricordo. Scrivere è anche soffrire e, affrontare la sofferenza non, è cosa da poco. Scrivere è anche "starci" e spesso preferisco l'aria e il sole. Scrivere è anche "sbattersi" per pubblicare e questo per me è assolutamente impossibile. Quindi rimarrò una (spero) buona insegnante di lingua italiana, e una scribacchina di blog.

viola ha detto...

Se Silvio potesse vedermi, noterebbe la lucina di entusiasmo nei miei occhi!
Viola

Anonimo ha detto...

Come volevasi dimostrare... peccato solo che non possiamo vedere la lucina che brilla negli occhi di Viola. Non so in quale "partito" si potrebbe iscrivere stranistranieri, io mi iscriverei volentieri al suo (quello degli scribacchini di blog)